Scritto per: "L'Urlo" - il periodico di ULD
IMMAGINE: Manifesti radicali 1980
Il 21 giugno gli italiani saranno chiamati ad esprimersi su tre quesiti referendari che, nelle intenzioni dei promotori, dovrebbero assegnare il premio di maggioranza alla lista maggiore anziché alla coalizione maggiore.
Premetto innanzitutto di essere tra quelli che ricordano con orrore la pateticamente riottosa coalizione di sinistra 2006/2008 che, dando un'immagine di se stessa orribile, ha letteralmente consegnato l'Italia nelle mani di Berlusconi pur avendo governato a livelli mediocri ma ben al di sopra di quelli a cui i cavaliere ci ha abituati. E' proprio in quel clima che il referendum è nato, e certo è nato per un motivo estremamente condivisibile.
Personalmente sono tra i pochi a sinistra che ne condivide lo spirito in pieno, e per l'Italia vorrei un modello presidenzialista alla francese: tutti concorrono alla pari, ma a governare è il solo vincitore, anche rappresentasse appena il 30% del paese.
Certo, quando si parla di presidenzialismo a tutti si drizzano i capelli all'idea di dare maggiori poteri a Berlusconi, eppure, mi chiedo: con quel parlamento di servi che si ritrova, siamo sicuri che non abbia già tutto il potere di cui ha bisogno? I suoi parlamentari hanno approvato il lodo Alfano in soli 25 giorni, senza proferire parola. Certo, non può farlo a cuor leggero: in cambio deve elargire favori economici e giudiziari ad alcune delle peggiori figure del paese, ovvero ai suoi compagni del PDL e ai leghisti - che tra l'altro deve appoggiare nei deliri xenofobi; ma non credo sia un gran vantaggio per la collettività.
Con riferimento al sistema elettorale che il referendum propone, che potremmo chiamare superporcellum secondo la definizione di Sartori, nascono però delle problematiche che si possono tranquillamente definire mostruose.
Innanzitutto, non si tratta di semplice presidenzialismo: lo sbarramento sarebbe dell' 8%, e questo significa che tra partiti troppo piccoli, fusioni, tendenza al voto utile e tendenza dei media a dimenticarsi del tutto di chi è uscito dal parlamento, andremmo pian piano verso l'esistenza di due soli partiti; è una cosa ben diversa rispetto al bipartitismo de facto alla francese dove UMP e PS se non si comportano più che bene rischiano di venir scalzati in ogni momento.
Il bipartitismo, per capirci, è il sistema americano dove basta che le lobby controllino i finanziamenti elettorali di due persone per impedire qualunque possibilità di cambiamento. La storia americana dalla fine dell'era Roosevelt la conosciamo tutti. Credo basti ricordare che Kennedy - il primo presidente veramente riformista - è stato assassinato con la complicità di apparati di stato, e che, pur essendo il paese più ricco del mondo, non han mai tirato fuori i soldi per impedire che i cittadini che non si possono permettere assicurazioni sanitarie “lussuose” muoiano di malattie curabilissime.
Oggi sembra che stiano affrontando un cambiamento, ma non possiamo dimenticarci che per arrivare ad aprire gli occhi hanno avuto bisogno della più grande crisi economica dal '29 e, non è un dettaglio, di trovarsi l'uomo (forse) giusto nel posto giusto al momento giusto.
Si trattasse solo di questo, comunque, potrebbe non esser considerata una tragedia: se è vero che in questi anni (anche alla luce del fatto che sono stati superati quanto a ricchezza pro capite da diversi paesi europei, già da prima della crisi dei mutui), gli USA stanno riconoscendo il nostro continente come modello, c'è da dire che l'Italia con i grandi paesi europei non ha nulla a che spartire se non un'eredità del passato che stiamo abilmente buttando via.
In questa situazione l'idea di un sistema che, presto o tardi, ci consegni ad un Obama capace di salvarci da noi stessi affascina. Ma la verità è che non andremmo verso il modello americano.
Ci sono due differenze fondamentali tra il superporcellum ed il bipartitismo USA. La prima e più palese è che non diventeremmo un paese presidenzialista: non verrebbe eletto un presidente con pieni poteri, di cui tra l'altro a meno di vivere in una dittatura mediatica – altra “piccola” differenza tra noi e gli USA - si conoscono con cognizione vita morte e miracoli. Verrebbe eletto un partito, che esprime un leader il cui “potere” naturale abbiamo avuto modo di sperimentarlo con Veltroni. In un sistema non presidenzialista nemmeno le primarie valgono molto: se il partito non ne ha un rispetto sostanziale decidono solo quale fantoccio mettere sul palco, ma nei fatti il fantoccio governa e sopravvive solo con la compiacenza dei capi partito.
Nel PDL però il “problema leadership” non esiste per motivi culturali interni (FI era un'emanazione delle aziende di Berlusconi, e gli amici di AN per lo più si accontentano di spartirsi il bottino), e la cosa difficilmente può cambiare, infatti siamo gli unici in Europa a non avere più il voto di preferenza. Questa è una differenza non da poco. Anzi, è qui che si annida il mostruoso del referendum.
Il nostro parlamento è un insieme di persone scelte dai capi di partito, è l'esatto opposto di quello americano. Nessuna voce fuori dal coro può essere eletta e contare qualcosa senza che i vertici, di loro spontanea volontà e senza nessuno che glie lo imponga, decidano di dare al partito una struttura democratica che metta in discussione i loro poteri ed i loro privilegi. Si rischia la paralisi totale.
A destra le cose non cambierebbero molto: non hanno bisogno di conservare nessuna decenza per vincere, tanto hanno le televisioni. A sinistra invece la concorrenza tra partiti - che pure spero vada verso una definitiva semplificazione - impone un minimo di costume nel modo di operare, ed anche se il PD sotto diversi profili sembra non capirlo, presto o tardi le batoste elettorali gli imporranno la comprensione della questione. O quantomeno porteranno qualcuno di più degno a sorpassarli.
Se i SI trionfassero al referendum però, il PD - diventato l'unico partito di sinistra, che decida di inglobarne o meno altri - si trasformerebbe in qualcosa a cui già fastidiosamente sembra tendere: una litigiosa e inamovibile oligarchia piena di scheletri nell'armadio, incapace di interpretare i bisogni dei loro stessi elettori e di fronteggiare il degrado della nostra democrazia.
Capisco benissimo che il secondo partito d'Italia voglia il bipartitismo, e capisco anche che alcuni lo vogliano in buona fede; ma noi dobbiamo salvarli da loro stessi, dalla tendenza di molti li dentro ad essere casta, dall'ovvia degenerazione che, in un paese conformista e arraffone come il nostro, porterebbe il PD ad essere esattamente uguale al PDL, solo con sei o sette capi – nemmeno necessariamente in competizione tra loro - anziché uno.
Premetto innanzitutto di essere tra quelli che ricordano con orrore la pateticamente riottosa coalizione di sinistra 2006/2008 che, dando un'immagine di se stessa orribile, ha letteralmente consegnato l'Italia nelle mani di Berlusconi pur avendo governato a livelli mediocri ma ben al di sopra di quelli a cui i cavaliere ci ha abituati. E' proprio in quel clima che il referendum è nato, e certo è nato per un motivo estremamente condivisibile.
Personalmente sono tra i pochi a sinistra che ne condivide lo spirito in pieno, e per l'Italia vorrei un modello presidenzialista alla francese: tutti concorrono alla pari, ma a governare è il solo vincitore, anche rappresentasse appena il 30% del paese.
Certo, quando si parla di presidenzialismo a tutti si drizzano i capelli all'idea di dare maggiori poteri a Berlusconi, eppure, mi chiedo: con quel parlamento di servi che si ritrova, siamo sicuri che non abbia già tutto il potere di cui ha bisogno? I suoi parlamentari hanno approvato il lodo Alfano in soli 25 giorni, senza proferire parola. Certo, non può farlo a cuor leggero: in cambio deve elargire favori economici e giudiziari ad alcune delle peggiori figure del paese, ovvero ai suoi compagni del PDL e ai leghisti - che tra l'altro deve appoggiare nei deliri xenofobi; ma non credo sia un gran vantaggio per la collettività.
Con riferimento al sistema elettorale che il referendum propone, che potremmo chiamare superporcellum secondo la definizione di Sartori, nascono però delle problematiche che si possono tranquillamente definire mostruose.
Innanzitutto, non si tratta di semplice presidenzialismo: lo sbarramento sarebbe dell' 8%, e questo significa che tra partiti troppo piccoli, fusioni, tendenza al voto utile e tendenza dei media a dimenticarsi del tutto di chi è uscito dal parlamento, andremmo pian piano verso l'esistenza di due soli partiti; è una cosa ben diversa rispetto al bipartitismo de facto alla francese dove UMP e PS se non si comportano più che bene rischiano di venir scalzati in ogni momento.
Il bipartitismo, per capirci, è il sistema americano dove basta che le lobby controllino i finanziamenti elettorali di due persone per impedire qualunque possibilità di cambiamento. La storia americana dalla fine dell'era Roosevelt la conosciamo tutti. Credo basti ricordare che Kennedy - il primo presidente veramente riformista - è stato assassinato con la complicità di apparati di stato, e che, pur essendo il paese più ricco del mondo, non han mai tirato fuori i soldi per impedire che i cittadini che non si possono permettere assicurazioni sanitarie “lussuose” muoiano di malattie curabilissime.
Oggi sembra che stiano affrontando un cambiamento, ma non possiamo dimenticarci che per arrivare ad aprire gli occhi hanno avuto bisogno della più grande crisi economica dal '29 e, non è un dettaglio, di trovarsi l'uomo (forse) giusto nel posto giusto al momento giusto.
Si trattasse solo di questo, comunque, potrebbe non esser considerata una tragedia: se è vero che in questi anni (anche alla luce del fatto che sono stati superati quanto a ricchezza pro capite da diversi paesi europei, già da prima della crisi dei mutui), gli USA stanno riconoscendo il nostro continente come modello, c'è da dire che l'Italia con i grandi paesi europei non ha nulla a che spartire se non un'eredità del passato che stiamo abilmente buttando via.
In questa situazione l'idea di un sistema che, presto o tardi, ci consegni ad un Obama capace di salvarci da noi stessi affascina. Ma la verità è che non andremmo verso il modello americano.
Ci sono due differenze fondamentali tra il superporcellum ed il bipartitismo USA. La prima e più palese è che non diventeremmo un paese presidenzialista: non verrebbe eletto un presidente con pieni poteri, di cui tra l'altro a meno di vivere in una dittatura mediatica – altra “piccola” differenza tra noi e gli USA - si conoscono con cognizione vita morte e miracoli. Verrebbe eletto un partito, che esprime un leader il cui “potere” naturale abbiamo avuto modo di sperimentarlo con Veltroni. In un sistema non presidenzialista nemmeno le primarie valgono molto: se il partito non ne ha un rispetto sostanziale decidono solo quale fantoccio mettere sul palco, ma nei fatti il fantoccio governa e sopravvive solo con la compiacenza dei capi partito.
Nel PDL però il “problema leadership” non esiste per motivi culturali interni (FI era un'emanazione delle aziende di Berlusconi, e gli amici di AN per lo più si accontentano di spartirsi il bottino), e la cosa difficilmente può cambiare, infatti siamo gli unici in Europa a non avere più il voto di preferenza. Questa è una differenza non da poco. Anzi, è qui che si annida il mostruoso del referendum.
Il nostro parlamento è un insieme di persone scelte dai capi di partito, è l'esatto opposto di quello americano. Nessuna voce fuori dal coro può essere eletta e contare qualcosa senza che i vertici, di loro spontanea volontà e senza nessuno che glie lo imponga, decidano di dare al partito una struttura democratica che metta in discussione i loro poteri ed i loro privilegi. Si rischia la paralisi totale.
A destra le cose non cambierebbero molto: non hanno bisogno di conservare nessuna decenza per vincere, tanto hanno le televisioni. A sinistra invece la concorrenza tra partiti - che pure spero vada verso una definitiva semplificazione - impone un minimo di costume nel modo di operare, ed anche se il PD sotto diversi profili sembra non capirlo, presto o tardi le batoste elettorali gli imporranno la comprensione della questione. O quantomeno porteranno qualcuno di più degno a sorpassarli.
Se i SI trionfassero al referendum però, il PD - diventato l'unico partito di sinistra, che decida di inglobarne o meno altri - si trasformerebbe in qualcosa a cui già fastidiosamente sembra tendere: una litigiosa e inamovibile oligarchia piena di scheletri nell'armadio, incapace di interpretare i bisogni dei loro stessi elettori e di fronteggiare il degrado della nostra democrazia.
Capisco benissimo che il secondo partito d'Italia voglia il bipartitismo, e capisco anche che alcuni lo vogliano in buona fede; ma noi dobbiamo salvarli da loro stessi, dalla tendenza di molti li dentro ad essere casta, dall'ovvia degenerazione che, in un paese conformista e arraffone come il nostro, porterebbe il PD ad essere esattamente uguale al PDL, solo con sei o sette capi – nemmeno necessariamente in competizione tra loro - anziché uno.
P.F.
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