Dalla Tesi di Laurea "Memorie dell'Onda. La rappresentazione sociale e mediatica della protesta studentesca 2008", di Andrea Riccardi
«UN PAESE CHE SI RISVEGLIA»: ULD E LA STORIA DI PAOLO.
E l’Uld? Non avendo una risposta di mio, mi sono rivolto a Paolo che, tra le altre cose, è anche uno dei personaggi di spicco dell’assemblea contro la 133: l’ho pregato di raccontarmi la sua protesta, e mi sono accomodato su una delle sedie di legno. Con una ripromessa: quella di intervenire il meno possibile. E Paolo ha cominciato a raccontare.
Non manifestava dalla terza liceo, ovvero da quando aveva perso fiducia nei movimenti in generale e nelle parole vecchie che li caratterizzavano. Poi è arrivata l’Onda: «questo movimento mi ha dato la sensazione di un Paese che si risveglia», esclama. Era un movimento nuovo, spontaneo, e non strutturato intorno ad un centro sociale o ad un partito. Ma, soprattutto, «era la battaglia di gente che affrontava i problemi con concretezza. Questo aspetto nuovo mi ha rapito e mi ci sono gettato a testa bassa: penso di poter dire di aver rappresentato un pezzo significativo del movimento in Cattolica».
«Una delle immagini più forti è il giorno in cui si sono verificati i fatti di Cadorna, quelli finiti sui giornali, per intenderci. Girava voce che la Statale sarebbe stata occupata, cosa cui ero assolutamente contrario. Quella mattina un mio amico mi disse: ‘vieni che parte il corteo’. Quanto a me credo di avere un istinto particolare, che mi porta ad esserci quando accadono determinati fatti. Ci andai. Il corteo era piccolissimo e si muoveva verso Palazzo Marino. Nel frattempo io continuavo a ripetere ‘che cazzo stanno facendo!’, trovavo quel corteo ridicolo. Le persone che erano con me, quelle di ULD, ben presto tornarono in università. Io, invece, sono di Milano: quattro o cinque amici in una manifestazione ce li trovo sempre. Proseguimmo. Sotto Scienze Politiche chiamammo la gente col megafono. Il corteo crebbe all’improvviso, fino a 2000 persone! Ma non era autorizzato. La polizia si parava davanti: chi lo conduceva continuava a camminare e la polizia arretrava. Tra i manifestanti c’era la preoccupazione che potesse succedere di tutto, dalle cazzate alle manganellate. C’era una tensione molto forte.
Ad un certo punto il corteo si mette a correre. L’obiettivo é seminare la polizia. Si ferma in Duomo: ora, immagina un corteo di 2000 persone che corre! Fu una cosa grandiosa. Proseguimmo verso Cadorna. Lì eravamo di meno. In Piazza Duomo, infatti, c’era stato un litigio interno al corteo: gli organizzatori erano tornati in Statale mentre altri avevano deciso di puntare su Cadorna. Francamente non credo che tentare di occupare la stazione sia stata una cosa molto intelligente, ma in quel preciso momento compresi che c’era il coraggio di voler portare avanti qualcosa di costruttivo». Il resto venne di conseguenza: pochi giorni dopo nell’aula di Uld ci sarebbero state cinquanta persone.
Poi Paolo mi racconta dell’”Urlo, speciale 133” e di come, sull’onda dell’entusiasmo, l’abbiano redatto in fretta e furia: «“L’urlo” è il giornale di Uld, esiste da sei anni ed esce con una media di cinque numeri all’anno. C’era il problema dell’”Urlo” di novembre; è stato accantonato il progetto ed abbiamo realizzato un “Urlo speciale 133”, edizione low cost. Mai un numero dell’“Urlo” è stato scritto così velocemente. Il mio articolo l’ho scritto di notte e Mauro l’impaginazione l’ha fatta sabato mattina. Tutto il numero sulla 133! Ma non saprei dire quale sia il contributo dell’“Urlo” nel suo complesso. Per tutelare il movimento, si è sempre cercato di togliere i loghi [si riferisce ai simboli di Uld e Formica] e ‘L’Urlo’ è una creazione di Uld». Il movimento è stato altro, dice; e precisa: «abbiamo cercato di organizzare eventi, abbiamo invitato Dario Fo, composto un documento e tenuto banchetti per permettere agli studenti di sottoscriverlo. Il movimento è stato uno sforzo eccezionale rispetto a quella che è l’attività di Uld. È stata una roba pazzesca: per un mese e mezzo sono stato in ballo otto ore al giorno, mosso com’ero dal sogno, forse infantile, di cambiare l’Italia. Mi sono accorto che l’Italia è rimasta lo stessa».
Con l’avvento di dicembre fece la sua comparsa il canale YouTube del ministro Gelmini; tra gli utenti incuriositi c’era anche Paolo. Continua il mio interlocutore: «Per il confronto, dice lei [il ministro]. Per raccogliere commenti, proposte, e critiche. ‘Non accetterà mai di difendere lo status quo dei baroni’, dice. Al che concludo: ‘giochiamo’. Metto su il mio commento. Riporto i dati di spesa dei paesi Ocse sull’Università, a dimostrazione che l’Italia spende meno di tutti, e aspetto. Dopo neanche due minuti, il mio commento scompare. Riprovo in tutte le salse e scompare sempre. Dopo un po’ non appare proprio più. Tengo un po’ d’occhio il canale e mi rendo conto che vi rimangono solo i complimenti al ministro per la riforma e gli insulti ai baroni; i commenti intimi del tipo ‘vogliamo il canale YouTube della Carfagna’, quelli si tengono; le critiche al ministro, quelle ideologiche intendo, quelle che non sono informate, quelle si tengono pure. Mentre tutte le critiche argomentate scompaiono: è una cosa mostruosa».
Da YouTube ai media tradizionali, il passo è breve. Continua Paolo: «Anche se il giornalista non ha una mira contro di te, anche se vuole parlare bene, quello che gli riporti non è ciò che finisce sul giornale. Sto parlando del “Corriere”: è molto più importante scrivere un articolo di un certo appeal che attenersi ai fatti. Questo discorso vale a priori, figurati quando il giornale ha un disegno politico! Qui non ho prove certe, ma le persone che me l’hanno riferito sono tra i miei migliori amici. “Il Giornale” ha scritto che c’erano degli infiltrati delle Br nel movimento, o qualcosa del genere, e il giorno dopo una ragazza della Statale si è messa a piangere perché uno dei nomi era il suo e lei era una studentessa».
«Quando abbiamo saputo dalla televisione che gli studenti della Statale erano entrati per occupare un’aula, abbiamo visto nei filmati il professore dire ‘Non mi va che interrompiate la mia lezione’. La ragazza di uno dei miei amici storici era in quell’aula: bene, non è quello che è successo. Gli occupanti sono entrati e il professore ha detto: ‘Non mi va che interrompiate la mia lezione, anche se sono d’accordo con voi’. Non c’è stata una rissa: gli studenti in aula erano tutti favorevoli al movimento. C’è stata una discussione perché non venisse occupata l’aula, non è successo nulla, non sono stati cacciati fuori come dei facinorosi. In manifestazione si è vista anche gente di Forza Italia, mentre i giornali tendevano a parlare di numeri».
Quindi il mio interlocutore aggiunge: «Io sono stato intervistato alla radio in tre occasioni, due volte dalla stessa persona. L’intervista è per lo più preparata prima, il soggetto lo si sceglie in anticipo. Il ragazzo che mi ha intervistato due volte era a favore del movimento, sebbene lavori per RCS. Ha concordato con me domanda e risposta e ci siamo trovati in sintonia. È stata la mia prima intervista, io ero in ansia, ma non ne avevo motivo. Poi sono stato intervistato anche dalla più importante tv privata tedesca, di cui non ricordo il nome, e ho avuto un’ottima impressione. Lì mi chiedevano per sapere, per avere informazioni. La sensazione è che in Italia si cerchi sempre di dimostrare una tesi già scritta. Delle mie amiche sono state intervistate, anche Andrea di ULD; spesso le cose vengono montate in altro modo. Tu dai media puoi prendere le informazioni e talvolta queste sono proprio sbagliate per sciatteria, non per faziosità». E conclude: «Dei media posso pensare solo tutto il male possibile».
Nessun commento:
Posta un commento