domenica 4 gennaio 2009

ALL'APICE DELL'IMPERO

Scritto per: "L'Urlo" - il periodico di ULD


ALL'APICE DELL'IMPERO


Berlusconi non ha mai perso. Berlusconi non ha mai sbagliato. Giunto in politica da outsider con un impero mediatico paragonabile al “cittadino Kane” di Quarto Potere, è approdato a ben altri esiti rispetto al protagonista della pellicola di Wells. Si è trattato di un tipico caso in cui la realtà supera l'arte, e pone la necessità di definire nuove categorie di pensiero. Certo, nella parabola di Berlusconi si possono percepire anche echi Orwelliani, ma sarebbe certo ingiusto attribuire al nostro signore tali malefatte.

Dopo le ultime elezioni, ad ogni modo, bisogna prendere atto del fatto che Berlusconi ha vinto. Non le elezioni, molto di più: ha vinto l'Italia, e forse l'ha vinta da un pezzo, ma i sognatori l'hanno capito solo ora.

Quello che inquieta non è un risultato che, dopo due anni di sinistra surrealmente litigiosa e autolesionista, tutto sommato poteva anche essere comprensibile (benché, polemiche a parte e dati alla mano, abbia governato chiaramente al di sopra della media italiana recente). Quello che inquieta è tutto il contorno, è quello che sta succedendo ora.

Il consenso intorno a Berlusconi ed ai suoi è ai massimi storici; i sondaggi lo danno sulla cresta dell'onda ed anche nei momenti più bui non accenna a scendere sotto il 50%. La cosa peggiore è che tutto questo sta accadendo in forza di misure puramente demagogiche e populiste, che nessun effetto benefico avranno nei confronti del paese. Penso ad esempio alla questione “sicurezza” e lo faccio attraverso le parole delle forze dell'ordine stesse, ovvero di un documento sconosciuto ai più, datato 25 novembre: “Le sottoscritte O.S., rappresentative dell’80% dei poliziotti italiani, hanno organizzato per le ore 10 di domani una manifestazione davanti al Senato della Repubblica [...] Il Governo, fin dal suo insediamento, ha dichiarato di voler mantenere le promesse elettorali, confermando che, tra le priorità della sua azione, ci sarebbe stata la sicurezza. I fatti hanno finora dimostrato esattamente il contrario. All’approvazione della manovra finanziaria triennale, che ha prodotto un taglio per sicurezza di circa 3,5 miliardi di euro, è seguita la dichiarata volontà di prevedere successivi investimenti, che sarebbero stati inseriti nella Legge Finanziaria.

Invece nel relativo disegno di legge governativo in discussione si trova la conferma che sulla sicurezza si continua a perseguire la politica degli annunci sugli organi di stampa, anticipando propositi d’intervento a cui non seguono adeguati stanziamenti economici.”

Potrei parlare poi dell'italianità di Alitalia: a parte il fatto che l'importanza della cosa è quantomeno “soggettiva” - nel senso che serve se avviene a determinate condizioni, mentre qui per mantenerla pagheremo perdite miliardarie (3 mld di euro) e vedremo più che triplicare i licenziamenti rispetto all'ipotesi di cessione ad Air France - quello che è assurdo è che in realtà non esiste nessuna italianità. Esiste solo un divieto di cinque anni di vendere azioni per quei personaggi (Benetton, Ligresti, Colaninno, Marcegaglia, Tronchetti Provera...) che hanno accettato di farsi “rifilare” gli asset attivi dell'azienda in cambio di concessioni e regali preoccupanti (penso ad esempio al rinnovo a Benetton delle concessioni autostradali senza obbligo di reinvestimento). Passati questi cinque anni non esistono vincoli, solo la parola di questi “gentiluomini”. E già ora si cercano partner...

Potrei parlare della crisi finanziaria, a fronte della quale l'onorato Presidente non se l'è sentita di scherzare con il fuoco ed ha applicato le strategie suggerite dai maggiori analisti e condivise dall'Europa. Ma non ha resistito, oltre che al (comprensibile) impulso di farsi passare per il salvatore, nemmeno a quello altrettanto irresistibile di influenzare i mercati ormai psicotici con dichiarazioni a vantaggio della sua azienda, di promuovere piani da 80 miliardi che in realtà sono una decina - all'interno dei quali fanno la parte del leone “investimenti in infrastrutture” della caratura del ponte sullo stretto di Messina, un’elargizione alla mafia su cui ormai è inutile spendere parole – finanziando il tutto non con i soldi usciti dal cappello magico (perché così sembra a guardar i telegiornali) ma con tagli mostruosi allo stato sociale, alla sicurezza, alla cultura, all'università e alle scuole, con la privatizzazione dell'acqua – questa in futuro rischiamo di pagarla veramente cara, non solo in termini economici - e altre amenità che finiranno con il costare al cittadino ben più dei 40 euro della Social Card...

A corredo di tutto ciò, a peggiorare il quadro già sinistro, vi è la totale mobilità di manovra del nostro signore. Non esistono più i partiti, esiste solo il partito-azienda, obbediente e devoto, con qualche mercenario. L'opposizione è comprabile, come testimoniano i casi Villari e Latorre, che tra l'altro rappresentano solo il capitolo più recente di una sinistra che, per motivi in certi frangenti veramente inspiegabili, non è mai andata ad intaccare (come sarebbe stato legittimo e ovvio) il cuore dell'impero: il conflitto di interessi, ovvero il controllo delle menti di percentuali a due cifre degli italiani.

Ormai è certo che Berlusconi sarà ricordato nei libri di storia. Se la salute non lo abbandona, rischia di arrivare ad esercitare la sua egemonia sul paese per un trentennio.

Guardacaso si tratta proprio di un trentennio in cui l'Italia, da pochi anni approdata (in modi mafiosi rocamboleschi, c'è da dire) nel G8, ha progressivamente perso il terreno guadagnato andandosi a posizionare su posizioni sempre meno autorevoli e competitive sulla scena europea. Ma al di là di queste considerazioni beceramente realistiche, possiamo almeno vantare un'eccezionale originalità: l'impero di Berlusconi non è quello quasi “vecchio stile” di Putin, e si serve del manganello in rarissime occasioni; non è nemmeno quello lobbistico statunitense, basato su un leggero pluralismo di interessi. Certo non è una sana democrazia di stampo europeo.

E' un miracolo totalmente mediatico, è un legame diretto tra premier e popolo -la pancia del popolo - esattamente come nella più antica concezione di “tirannide”. E' un miracolo che sarebbe stato impossibile senza anche uno solo dei suoi ingredienti: semi-monopolio sui media, carisma innato, doti di leader d’altri tempi, una capacità di lavoro al di sopra della media, intelligenza sopraffina, conoscenza perfetta di tutti i segreti della comunicazione, una rete di contatti ed interessi nei maggiori centri di potere, ed anche un'opposizione inadeguata.

Insomma, se tutto ciò fosse finito nelle mani di un uomo di una certa caratura morale forse saremmo uno dei paesi più avanzati del mondo. Questo parlando estremamente “in astratto”, perché non si può dimenticare che l'impero mediatico è nato da affari ed intrallazzi con Craxi negli anni 80, dai contatti della P2, si è protratto nonostante i conti fossero in rosso e i bilanci truccati, nonostante le norme europee lo considerino illegale e noi tutti stiamo per pagare una multa per questo.. insomma, è corrotto sin dalla sua concezione, è marcio per definizione.

Per i sognatori, insomma, è rimasto ben poco: l'Onda degli studenti, che è riuscita a mobilitarsi nonostante il sonno dell'opposizione e dei media, ma che ad essere ottimisti riuscirà ad avere buoni risultati solo in fatto di Università; Europa 7, che non andrà a sostituirsi a Rete 4 (come prevedrebbe la legge) ma a Rai 1, e che forse potrà costituire un piccolo angolo di informazione vera per le masse. Forse.

Alla faccia dei “sogni”, si può sperare in Murdoch, uomo in parte della stessa pasta di Berlusconi, che sta combattendo per interessi illegittimi, ma che forse può quantomeno intaccarne l’impero, anche se non escludo il rischio che i due prendano accordi capaci di calpestare definitivamente l'informazione in Italia.


P.F.

“AUTUNNO CALDO” - TIRIAMO QUALCHE SOMMA








Scritto per: "L'Urlo" - il periodico di ULD


“AUTUNNO CALDO” - TIRIAMO QUALCHE SOMMA


PER UN'UNIVERSITÀ DI TUTTI: LO SBARCO DEI MILLE

Nel giro di 7 giorni, oltre 1000 studenti della Cattolica e 40 tra docenti e ricercatori hanno sottoscritto il documento che abbia-mo predisposto in cui si esprime preoccupazione per i tagli all'università previsti dalle leggi 133 e 126, e per il rischio rap-presentato dalla possibilità di privatizzazione delle università pubbliche. Il documento chiede la revisione di questi interventi legislativi, non dimenticandosi di sottolineare che il dl 180, sbandierato dal governo come la “soluzione di tutti i mali”, non rappresenta una svolta ma attenua semplicemente l'impatto di interventi gravi e dannosi.
Non è certo il primo documento di questo genere, ma per la Cattolica è particolarmente importante: abbiamo scongiurato il pericolo di far strumentalizzare il nostro Ateneo, di farlo passa-re per un cagnolino obbediente, di supportare l'ipocrisia di chi identifica le proteste come un problema dei “pochi” direttamen-te toccati dagli interventi legislativi. Inutile ripetere che al con-trario i tagli all'università e alla ricerca sono un problema di tutti, sono un problema italiano.
Tra l'altro, non tutti sanno che i tagli al Fondo di Finanziamento Ordinario andranno a colpire anche la Cattolica (in parte finan-ziata dallo Stato), i cui bilanci non paiono comprendere "tesoretti" di sorta. L'ultimo aumento delle tasse universitarie era stato motivato proprio con la riduzione del FFO contenuta nella finanziaria 2007: facciamo toto scommesse sulle nostre rette dell'anno prossimo?


DENTRO IL MINISTRO, FUORI IL NOBEL

Giovedì scorso mi ha fermato una ragazza molto arrabbiata. Mercoledì ha provato ad entrare all'inaugurazione dell'anno accademico per sentire Tremonti. Era curiosa, ma ha trovato la sorpresa: vietato entrare. Così è deciso, dall'alto. Ci sono i rap-presentanti eletti degli studenti, qualcuno sorteggiato (dai colle-gi soprattutto) e stop. I posti sono riservati a nomi altisonanti, è una cosa da “VIP”. La ragazza fa una sintesi molto esplicita di tutto ciò: “Ah! Chi gli paga lo stipendio non è invitato!”. Inte-ressante.
Ad ogni modo, di Tremonti certo non ho sentito la mancanza.
Mentre l'uomo che ha deciso di mandare allo sfascio l'universi-tà italiana parlava di videogiochi davanti ai “VIP”, fuori dalla Cattolica davanti a 150 studenti e 987 poliziotti Dario Fo, ac-compagnato da Franca Rame, ci parlava del significato della figura di Sant'Ambrogio.
Ebbene sì. Non tutti lo sanno (per esempio chi ha visto il Tg1 di quel giorno...), ma fuori dalla Cattolica c'è stata una controinau-gurazione dell'anno accademico che ha visto susseguirsi comizi di studenti sull'università, l'intervento di Dario Fo, una “lezione in piazza” su De Andrè fatta da studenti- con tanto di accompa-gnamento musicale-, calorose critiche a Tremonti al momento della sua uscita, ed anche un piccolo corteo insieme a ragazzi di altre università.
Non abbiamo ancora capito se si è trattato di un successo o me-no. Di certo eravamo in pochi, ma è venuto tutto estremamente bene e, soprattutto, c'erano i contenuti. C'era l'idea di aprirsi anziché chiudersi con i “VIP”, c'era la voglia di fare qualcosa per gli altri, c'era una riflessione viva sul significato dell'essere studenti, cittadini, ed anche cristiani. C'era il coraggio di porta-re avanti le proprie idee. Insomma... siamo riusciti ad esprimere il meglio di quest'università.
La prossima volta dovremo cercare di organizzarci prima e me-glio, soprattutto con l'informazione, ma se c'è qualcuno che deve porsi il problema dei numeri è Tremonti, con i suoi tagli. Non certo noi.


BENE L'AUTUNNO, MA L'INVERNO?

E' ormai quasi un mese e mezzo che una valanga di studenti è mobilitata in Italia, a Milano e nel nostro piccolo anche in Cat-tolica. Mentre Ateneo Studenti spiegava che il dovere dello studente è studiare e non rompere, che il cittadino deve tenere il capo chinato (o la schiena chinata, a seconda di come la si vo-glia vedere), quasi fossimo sudditi, le piazze venivano regolar-mente inondate di “facinorosi”.
I risultati si sono visti piano piano: si è passati da “bisogna ta-gliare” a “la gente protesta senza sapere di cosa parla, l'univer-sità non è stata toccata”, per poi arrivare al dl 180: agli atenei che non spendono il 90% in stipendi il blocco del turn-over è stato ridotto, inoltre c'è uno sblocco delle assunzioni in fatto di ricerca. Ovviamente sotto il profilo finanziario è un intervento ridicolo, ma è una parziale ammissione della stupidità dei della 133.
Resta il fatto che eravamo già il paese OCSE a spendere meno in istruzione universitaria, pari solo a Repubblica Ceca e Slo-vacchia, e stiamo tagliando ancora. Non rende conto del fatto che gli USA, sempre sbandierati quando si parla di privatizza-zioni, hanno una spesa pubblica in università superiore alla nostra, cui si aggiunge quella privata per andare a costituire l'investimento in università più alto del mondo. Non rende con-to degli sprechi che, per contro, si stanno per fare su Alitalia e sul ponte sullo Stretto. Non rende conto di quasi
nulla, ma, per alleviare la figuraccia incassata, il ministro che critica gli insegnanti del sud ma a suo tempo è andato a fare l'esame da avvocato a Reggio Cala-bria, si è do-vuto far con-sigliare qual-che interven-to sensato: distribuzione di una per-centuale del FFO in base a criteri me-ritocratici, concorsi su base nazionale, borse di studio, alloggi e poco altro.
Sia chiaro, nel complesso il dl 180 è fumo negli occhi. L'insie-me delle leggi vigenti costituisce un vero attentato all'universi-tà. Ma è qualcosa, qualcosa che è stato “strappato”, e non certo sventolando i libretti in Largo Gemelli e invitando tutti a starse-ne buoni a studiare...
Ancor più interessante è l'accordo del 12/11 tra ministero e sin-dacati (CISL. UIL e AFAM), che apre un tavolo di discussione e sembra lasciare spazio alla possibilità di una vera e propria marcia indietro.
Insomma, nonostante l'evidente inadeguatezza dell'opposizione in Parlamento, la piazza è riuscita ad incidere sul governo. I sondaggi davano un calo e forse qualcuno ha avuto paura.
Nonostante questi segnali positivi, non si può però non iniziare a fronteggiare un problema: l'Onda è iperattiva, ma sta calando quanto a dimensioni. Non è il '68, non si ferma tutto per cam-biare il mondo. Vogliamo solo che l'Italia non si suicidi con le sue stesse mani.
Ciascuno ha poi i suoi impegni, chi più chi meno, chi meglio chi peggio. L'università è un impegno vitale per uno studente, ed in questo periodo inizia a farsi più pressante.
Questo è un valore: l'Onda è volontariato, tempo sottratto allo svago, allo studio, ai pomeriggi di week end nei negozi. E' un vero lavoro, fatto per un paese che sinora non ha saputo prov-vedere ad una università adatta, non ha saputo provvedere a governi decenti in grado quantomeno di preservarla e non ha saputo provvedere nemmeno ad una opposizione credibile. E' un tentativo di risveglio di coscienze, è un tentativo di politica diretta, è una parte ancora attiva della popolazione. L'Onda è piazza, ma anche conferenze, forum, aule di elaborazione di progetti di riforma e quant'altro. È presa di coscienza della pro-pria cittadinanza da parte di centinaia di migliaia di giovani. Il problema è che, a queste condizioni, c’è il rischio che le forze inevitabilmente calino e con esse l’attenzione dell’opinione pubblica (nonché l’ondivago interesse dei media).
Si pone la necessità di dar fondo alla creatività - che sino ad ora non è mancata - per rinnovare il sistema di comunicazione e protesta. Si pone la necessità di elaborare nuove idee capaci di dar forza a quei progetti di riforma dal basso che stanno na-scendo nei vari atenei, di tenere alta l'attenzione sul tema scuola e, in definitiva, di imporre al legislatore di tenere conto, nei prossimi passi che dovrà affrontare, della forza della verità.
Altrimenti c'è rischio che diventi una battaglia persa.
P.F.


CORRIERE
REPUBBLICA
IL MESSAGGERO

COMUNICATO STAMPA



Oggi, 19/11/08 a partire dalle ore 10:30 si è svolto accanto all’ingresso principale dell’Università Cattolica un presidio organizzato dagli studenti della Cattolica mobilitati contro la legge 133/08. In concomitanza con l’inaugurazione dell’anno accademico 2008/09, con la presenza del ministro Tremonti, noi studenti abbiamo organizzato una contro-inaugurazione in protesta contro i tagli e la politica economica e sociale del governo. La manifestazione, aperta a tutti, ha visto la partecipazione di circa 150 studenti della nostra università e di altri atenei milanesi. Nella settimana precedente un documento di critica ai tagli all’università pubblica è stato sottoscritto da più di mille persone tra studenti, docenti e ricercatori dell’Università Cattolica.


Hanno aperto l’incontro Paolo Frediani, portavoce del movimento in Cattolica, e Gabriele Pieroni, responsabile del gruppo ULD – Studenti di Sinistra; sono intervenuti in sostegno della nostra iniziativa il premio Nobel Dario Fo e Franca Rame con una lezione su Sant’Ambrogio e il significato rivoluzionario del messaggio cristiano con spunti e provocazioni sull’attualità; un gruppo di studenti infine ha animato l’incontro con musiche e parole di Fabrizio De André. Al termine del presidio si è formato un corteo spontaneo che ha sfilato lungo via Torino fino in piazza Duomo.


Cogliamo l’occasione per ringraziare della disponibilità e della partecipazione tutti quelli che hanno aderito e ribadire il nostro impegno non solo contro i tagli all’istruzione ma a favore della discussione e della partecipazione attiva al processo di riforma dell’Università italiana.