ALL'APICE DELL'IMPERO
Dopo le ultime elezioni, ad ogni modo, bisogna prendere atto del fatto che Berlusconi ha vinto. Non le elezioni, molto di più: ha vinto l'Italia, e forse l'ha vinta da un pezzo, ma i sognatori l'hanno capito solo ora.
Quello che inquieta non è un risultato che, dopo due anni di sinistra surrealmente litigiosa e autolesionista, tutto sommato poteva anche essere comprensibile (benché, polemiche a parte e dati alla mano, abbia governato chiaramente al di sopra della media italiana recente). Quello che inquieta è tutto il contorno, è quello che sta succedendo ora.
Il consenso intorno a Berlusconi ed ai suoi è ai massimi storici; i sondaggi lo danno sulla cresta dell'onda ed anche nei momenti più bui non accenna a scendere sotto il 50%. La cosa peggiore è che tutto questo sta accadendo in forza di misure puramente demagogiche e populiste, che nessun effetto benefico avranno nei confronti del paese. Penso ad esempio alla questione “sicurezza” e lo faccio attraverso le parole delle forze dell'ordine stesse, ovvero di un documento sconosciuto ai più, datato 25 novembre: “Le sottoscritte O.S., rappresentative dell’80% dei poliziotti italiani, hanno organizzato per le ore 10 di domani una manifestazione davanti al Senato della Repubblica [...] Il Governo, fin dal suo insediamento, ha dichiarato di voler mantenere le promesse elettorali, confermando che, tra le priorità della sua azione, ci sarebbe stata la sicurezza. I fatti hanno finora dimostrato esattamente il contrario. All’approvazione della manovra finanziaria triennale, che ha prodotto un taglio per sicurezza di circa 3,5 miliardi di euro, è seguita la dichiarata volontà di prevedere successivi investimenti, che sarebbero stati inseriti nella Legge Finanziaria.
Invece nel relativo disegno di legge governativo in discussione si trova la conferma che sulla sicurezza si continua a perseguire la politica degli annunci sugli organi di stampa, anticipando propositi d’intervento a cui non seguono adeguati stanziamenti economici.”
Potrei parlare poi dell'italianità di Alitalia: a parte il fatto che l'importanza della cosa è quantomeno “soggettiva” - nel senso che serve se avviene a determinate condizioni, mentre qui per mantenerla pagheremo perdite miliardarie (3 mld di euro) e vedremo più che triplicare i licenziamenti rispetto all'ipotesi di cessione ad Air France - quello che è assurdo è che in realtà non esiste nessuna italianità. Esiste solo un divieto di cinque anni di vendere azioni per quei personaggi (Benetton, Ligresti, Colaninno, Marcegaglia, Tronchetti Provera...) che hanno accettato di farsi “rifilare” gli asset attivi dell'azienda in cambio di concessioni e regali preoccupanti (penso ad esempio al rinnovo a Benetton delle concessioni autostradali senza obbligo di reinvestimento). Passati questi cinque anni non esistono vincoli, solo la parola di questi “gentiluomini”. E già ora si cercano partner...
Potrei parlare della crisi finanziaria, a fronte della quale l'onorato Presidente non se l'è sentita di scherzare con il fuoco ed ha applicato le strategie suggerite dai maggiori analisti e condivise dall'Europa. Ma non ha resistito, oltre che al (comprensibile) impulso di farsi passare per il salvatore, nemmeno a quello altrettanto irresistibile di influenzare i mercati ormai psicotici con dichiarazioni a vantaggio della sua azienda, di promuovere piani da 80 miliardi che in realtà sono una decina - all'interno dei quali fanno la parte del leone “investimenti in infrastrutture” della caratura del ponte sullo stretto di Messina, un’elargizione alla mafia su cui ormai è inutile spendere parole – finanziando il tutto non con i soldi usciti dal cappello magico (perché così sembra a guardar i telegiornali) ma con tagli mostruosi allo stato sociale, alla sicurezza, alla cultura, all'università e alle scuole, con la privatizzazione dell'acqua – questa in futuro rischiamo di pagarla veramente cara, non solo in termini economici - e altre amenità che finiranno con il costare al cittadino ben più dei 40 euro della Social Card...
A corredo di tutto ciò, a peggiorare il quadro già sinistro, vi è la totale mobilità di manovra del nostro signore. Non esistono più i partiti, esiste solo il partito-azienda, obbediente e devoto, con qualche mercenario. L'opposizione è comprabile, come testimoniano i casi Villari e Latorre, che tra l'altro rappresentano solo il capitolo più recente di una sinistra che, per motivi in certi frangenti veramente inspiegabili, non è mai andata ad intaccare (come sarebbe stato legittimo e ovvio) il cuore dell'impero: il conflitto di interessi, ovvero il controllo delle menti di percentuali a due cifre degli italiani.
Ormai è certo che Berlusconi sarà ricordato nei libri di storia. Se la salute non lo abbandona, rischia di arrivare ad esercitare la sua egemonia sul paese per un trentennio.
Guardacaso si tratta proprio di un trentennio in cui l'Italia, da pochi anni approdata (in modi mafiosi rocamboleschi, c'è da dire) nel G8, ha progressivamente perso il terreno guadagnato andandosi a posizionare su posizioni sempre meno autorevoli e competitive sulla scena europea. Ma al di là di queste considerazioni beceramente realistiche, possiamo almeno vantare un'eccezionale originalità: l'impero di Berlusconi non è quello quasi “vecchio stile” di Putin, e si serve del manganello in rarissime occasioni; non è nemmeno quello lobbistico statunitense, basato su un leggero pluralismo di interessi. Certo non è una sana democrazia di stampo europeo.
E' un miracolo totalmente mediatico, è un legame diretto tra premier e popolo -la pancia del popolo - esattamente come nella più antica concezione di “tirannide”. E' un miracolo che sarebbe stato impossibile senza anche uno solo dei suoi ingredienti: semi-monopolio sui media, carisma innato, doti di leader d’altri tempi, una capacità di lavoro al di sopra della media, intelligenza sopraffina, conoscenza perfetta di tutti i segreti della comunicazione, una rete di contatti ed interessi nei maggiori centri di potere, ed anche un'opposizione inadeguata.
Insomma, se tutto ciò fosse finito nelle mani di un uomo di una certa caratura morale forse saremmo uno dei paesi più avanzati del mondo. Questo parlando estremamente “in astratto”, perché non si può dimenticare che l'impero mediatico è nato da affari ed intrallazzi con Craxi negli anni 80, dai contatti della P2, si è protratto nonostante i conti fossero in rosso e i bilanci truccati, nonostante le norme europee lo considerino illegale e noi tutti stiamo per pagare una multa per questo.. insomma, è corrotto sin dalla sua concezione, è marcio per definizione.
Per i sognatori, insomma, è rimasto ben poco: l'Onda degli studenti, che è riuscita a mobilitarsi nonostante il sonno dell'opposizione e dei media, ma che ad essere ottimisti riuscirà ad avere buoni risultati solo in fatto di Università; Europa 7, che non andrà a sostituirsi a Rete 4 (come prevedrebbe la legge) ma a Rai 1, e che forse potrà costituire un piccolo angolo di informazione vera per le masse. Forse.
Alla faccia dei “sogni”, si può sperare in Murdoch, uomo in parte della stessa pasta di Berlusconi, che sta combattendo per interessi illegittimi, ma che forse può quantomeno intaccarne l’impero, anche se non escludo il rischio che i due prendano accordi capaci di calpestare definitivamente l'informazione in Italia.